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La faglia

#PABlog Tema 8: Il tempo

L’amica Franchina è un po’ matta ed è anche per questo che siamo amici.
È anche aspirante geologa ed è strano che sia, al tempo stesso, così attaccata sia alla terra in quanto geologa, sia a certi mondi improbabili, creati da una fantasia che non si ferma mai, mondi che lei, in modo abbastanza sfrontato, propone come veri.
Così, stesi al sole nei pressi di Calafuria, la geologa dilettante mi mostra, sulla parete della roccia alle nostre spalle, quella che chiama una faglia.
Mi fa notare, prima, come la roccia sia sedimentata a strati stesi in orizzontale l’uno sull’altro e caratterizzati da differenti colorazioni e consistenze cristalline.
Ma, a un certo punto, la continuità degli strati è interrotta secondo una linea verticale: tutti gli strati, oltre quella linea, si sono abbassati e continuano il loro andamento parallelo ma a un diverso livello. Così, ogni strato orizzontale è seguito da uno strato altrettanto orizzontale ma diverso. Come se, in quel punto, si sia determinata una discontinuità, una frattura e uno scivolare di un tratto di roccia rispetto all’altro. Una faglia, appunto.
Va bene: ora posso riprendere il pisolino interrotto.
Ma no, ci mancherebbe altro…
Franchina parte per la tangente e ipotizza come, essendoci faglie che si verificano nello spazio occupato dalla roccia terrestre, possano esserci (e debbano esserci) faglie che si verificano nel tempo.
Ci siamo! Addio pisolino. Le chiedo spiegazione di tanta audacia; lo chiedo perché so che le fa piacere e a un’amica come lei un piacere non si rifiuta mai.
E poi, a stento ho capito la faglia rocciosa, figuriamoci quella temporale.
Ma lei dice che l’idea è semplice: si tratta della possibilità di uno slittamento verticale (diciamo così) nello scorrere orizzontale del tempo. Un salto per cui, (ridiciamo così), si passerebbe, in un attimo, dal presente a un passato lontano o vicino o, addirittura, a un futuro.
Le faccio subito notare l’assurdità della cosa: se questo avvenisse ce ne renderemmo conto. Qualcosa, nello scorrere delle nostre vite, non tornerebbe. Uno direbbe: ma questo evento, questo tempo, che c’entrano? Oppure: ma io questo l’ho già vissuto, è roba vecchia, un ricordo un po’ più vivido o un sogno, addirittura.
Manco per niente, replica lei, e qui la cosa diventa più incasinata secondo lo stile di Franchina quando non fa la geologa.
Perché, dice sempre lei, non è che fai un salto nel tempo e ti porti dietro la consapevolezza e la memoria che avevi prima del salto; per cui dici: toh, sono saltato nel tempo! No: la memoria di prima te la lasci là dove stavi prima. Tempo nuovo, memoria nuova, quella memoria che già si trovava in quel tempo nel quale la faglia ti ha portato. Come se nessun viaggio nel tempo ci fosse stato perché non hai e non puoi avere memoria del luogo da cui sei partito né di una qualsiasi partenza.
Nelle nuove o vecchie ore che ti trovi a vivere o a rivivere c’è solo la memoria che deve esserci, quella che c’è dopo la faglia e che non è la memoria che c’era prima della faglia.
Così, non puoi nemmeno dire se le faglie davvero ci sono né, se ci sono, quanto numerose e frequenti siano o siano state. Tu magari salti a destra e a sinistra nel tempo della vita e non lo sai; magari vivi più volte gli stessi eventi e non lo sai.

Sono molto perplesso e allora l’amica, per impedirmi di ritornare al pisolino, mi propone un esempio. E io cosa posso fare se non ascoltarla?
Mi ricorda, Franchina, quel mio raccontino intitolato Margherita.
Tu, dice, ogni volta che ti avvicini al bar Sole, ti aspetti di vedere sbucare Margherita come avveniva quando, entrambi giovani, avevate appuntamento proprio lì. Ma Margherita non arriva più e tu inghiotti ancora una volta il boccone amaro della delusione.
Ma chi te l’ha detto che Margherita non è mai arrivata a soddisfare la tua speranza, la tua nostalgia? Margherita è venuta, è venuta più volte, anche. Ma tu non lo sai; non puoi saperlo. Perché, quando Margherita è tornata al bar Sole per incontrarti, non era quella signora ottantenne che nel tuo e suo adesso si trova a vivere e, d’altra parte, non era la signora ottantenne che tu aspettavi, ma la Margherita giovane e bella che stava nel tuo ricordo. Ma quella Margherita lì, essendo appunto giovane e bella, non aveva tutti i ricordi della Margherita ottantenne e quindi non poteva sapere di tutto quel tempo durante il quale non vi eravate più incontrati. E anche tu, naturalmente, non eri più il vecchietto che sei: tu eri giovane e pimpante come eri quando vedevi sbucare Margherita dall’angolo del bar Sole. Senza il ricordo, quindi, di tutte le volte in cui la tua aspettativa veniva delusa. Quelle ripetute delusioni appartenevano ad un tuo futuro non ancora vissuto.
Sbucava Margherita, ti cercava tra la folla e ti sorrideva. Ti balzava il cuore in gola vedendola ma non c’era nessun miracolo temporale: lei veniva da te perché stavi vivendo il tempo in cui lei veniva da te. Quel tempo in cui il tuo ricordo, la tua nostalgia, non c’erano.
Così, la fai salire sulla Lambretta lasciata là vicino e la porti sul lungomare, al solito posto: quella spiaggetta accanto ai bagni Fiume, aspettando l’oscurità per scambiarvi i vostri baci. Quante volte, quante volte oltre quelle ricordate, ormai lontane… Non lo sai, non puoi saperlo perché non ne hai il ricordo; perché nell’oggi che vivi quel ricordo non c’è.
E allora, e allora … Cosa puoi dire della tua vita vissuta e da vivere, della tua misteriosa vita reale della quale il tuo ricordo e la tua attesa sono cose così effimere.
Niente; nemmeno se finirà, perché anche nel tempo per te finito una faglia qualsiasi potrebbe riportarti in vita. Senza il ricordo della morte ma solo con il ricordo contenuto in qualcuna delle tue innumerevoli vite; con il particolare ricordo, solo quello e non altro, contenuto in un giorno delle tue innumerevoli vite.
Per te ci sarà sempre un presente, a destra o a sinistra di una faglia temporale. Un presente ignaro di ogni possibile o vissuta alternativa.

Ma questa ultima frase l’ho aggiunta io, adesso, perché allora, nel frattempo avevo ceduto al sonno.

L’immagine di copertina fa parte dell’archivio di a.l.a

Arturo Falaschi

Pubblicato inBlogPronti attenti blog

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