Salta al contenuto

25 novembre 2023

La foto è di Adrian-swancar (Unsplash)

 Scrivo questo articolo perché mi voglio unire alla voce delle altre donne che domani scenderanno in piazza dopo l’ennesimo femminicidio. Certo è ora di dire basta, ma scusate il gioco di parole, NON BASTA!. Ci vorranno anni per rendersi pienamente conto di come siamo intrisi di paternalismo e maschilismo, sia uomini che donne.

La nostra storia è ricca di soprusi contro le donne: il delitto d’onore è stato eliminato dalla nostra legislatura solo nel 1981 in conseguenza alla decisione di una donna di Alcamo che dopo essere stata stuprata, con coraggio, rifiutò il matrimonio riparatore che avrebbe messo al sicuro il suo violentatore e lo mandò dritto in galera. Il divorzio è stato introdotto solo nel 1970,  la legislazione Italiana è cambiata, ma non le teste.

Ci vorranno molti anni prima che tutti noi si impari a ragionare in modo diverso. Gli uomini e donne che appartengono alla generazione nata a cavallo fra gli anni ‘50 e ‘60 forse non capiranno mai come il loro modo di pensare sia condizionato dall’educazione paternalistica ricevuta. Quello che è preoccupante però sono le generazioni che sono venute dopo e che continuano a pensare nella stessa maniera. Ancora oggi se una donna ha diverse relazioni sentimentali si tende a classificarla come una “poco di buono” ma, se lo fa il maschio al massimo è un “latin lover” o maliziosamente viene definito uno “sciupafemmine”.

Molti uomini ancora oggi non vedono niente di male nel fare un complimento salace ad una donna che gli passa davanti o addirittura darle una pacca sul sedere. “Dobbiamo capirli in fin dei conti sono uomini!”Se la donna si ribella le viene detto che esagera e che farebbe meglio a farsi una bella risata che, in fin dei conti, non è successo nulla. Ma, lasciatelo dire alle donne come si sentono perché voi maschi non lo potete sapere.

Potrei citare e fare altri esempi di comportamenti derivati dal maschilismo ancora imperante nel nostro paese, ma voglio dire due parole sull’insegnamento dell’affettività a scuola. Spero di venire smentita, ma io sono molto scettica su questo argomento di dibattito attuale. La vera affettività s’impara in famiglia, nelle relazioni che si stabiliscono, nella diversità di ruoli che devono essere ben chiari tra genitori e figli. Vale più un no detto chiaro e tondo dal genitore che una carezza fuori posto. Anche il no fa crescere l’affettività. Mi trovo d’accordo con il filosofo Galimberti quando dice che molti ragazzi oggi sono rimasti allo stato pulsionale e sono sprovvisti d’intelligenza emotiva e pertanto non sanno riconoscere cosa è bene e cosa è male.

L’argomento richiederebbe fiumi di parole, ma io spero che con l’aiuto delle famiglie, della scuola, degli amici, delle autorità competenti etc… non si smetta di parlare di questo problema e che, al primo segnale di pericolo, le donne non si facciano più fregare, ma abbiano il coraggio di aprirsi  e di chiedere aiuto. Con l’auspicio che, le richieste di aiuto siano prontamente recepite.

Luciana Russo


Published inBlog

Sii il primo a commentare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *