Salta al contenuto

Viaggio nel Devon tra musica e tradizioni

Le immagini sono fornite da ALA LIBRI e da Pixabay

Cosa hanno in comune un brano rock degli anni ’70, le antiche tradizioni rurali e il romanzo Ballata di morte nel Devon pubblicato da ALA nel 2020?

Sembrerebbe poco, forse niente. Invece le corrispondenze sono molte, oserei dire moltissime.

Partiamo dai Traffic, gruppo musicale guidato dal cantante e tastierista Steve Winwood. Nel 1970 (annus orribilis per il rock mondiale con la morte a breve distanza di Janis Joplin, Jimi Hendrix e, nel ’71, Jim Morrison) il gruppo pubblica un album che gli amanti del genere che hanno la mia età ricorderanno bene: John Barleycorn must die che conteneva l’omonimo brano John Barleycorn, rivisitazione di un’antica ballata inglese

Vediamo subito di capire chi è questo signore. John Barleycorn può essere tradotto come Giovanni Chiccodorzo, è un personaggio molto popolare nelle tradizioni agricole inglesi e scozzesi. Si tratta della personificazione della birra e del whisky, che si ottengono dalla lavorazione e distillazione dell’orzo. Esistono molte versioni di questo vero e proprio canto, nato nel secolo diciassettesimo, che affonda le sue radici nella mitologia delle civiltà contadine.

Il testo della ballata è, dunque, un’allegoria della produzione delle bevande alcoliche ottenute dall’orzo ma, per estensione, è riferibile anche al ciclo che sta alla base della coltivazione dei cereali, grano compreso.

Il nostro John, insomma, rappresenta il chicco di grano seminato che muore, rinasce e cresce fino alla mietitura dell’anno successivo. E’ la descrizione del misterioso e continuo rinnovarsi della vita vegetale che porta sostentamento (nella forma di grano) ed ebbrezza (nella forma di distillato dell’orzo). Gli antichi coltivatori spesso ricorrevano ad atti propiziatori affinché il miracolo si ripetesse ogni anno. In alcuni casi si trattava di sacrifici, quasi sempre simbolici ma, talvolta, anche umani. I Traffic  vollero, con il loro album e con il brano John Barleycorn in particolare, recuperare e rinverdire queste antiche tradizioni radicate in particolare nel Devonshire, contea inglese del sud ovest dell’Inghilterra.

Un altro aspetto significativo del mito del ciclo del grano è quello di cibarsi del dio venerato per acquisirne il potere e la forza. In un’altra versione dell’antica ballata si parla di bere il sangue di Barleycorn e qui viene subito alla mente il mito del dio greco Dioniso al quale si sacrificava un animale che, poi, veniva mangiato. Ma non solo. Si pensi alle civiltà precolombiane dove uno schiavo o un prigioniero era prima sfamato, curato, addobbato e venerato come un dio e poi sacrificato in cima a una piramide. Non sembri, poi, blasfemo citare la tradizione religiosa cristiana che vede, durante il rito dell’Eucarestia, i fedeli cibarsi dell’ostia consacrata e venerare la rappresentazione dell’Agnello di Dio, sacrificato per la redenzione dell’uomo.

Un ultimo aspetto interessante è la non casuale coincidenza del ciclo del raccolto con il ciclo delle stagioni: in inverno la natura sembra morire, le giornate si accorciano e viene il freddo; poi, con la primavera torna la luce del sole, le giornate si allungano e la natura rinasce. Anche in questo caso le analogie con tradizioni millenarie apparentemente lontane sembrano sgorgare da una stessa sorgente: in Egitto la vita stessa dipendeva dalla ciclicità delle inondazioni del Nilo dove Iside è la dea della fertilità e Osiride, che muore e rinasce, è anche il dio dell’agricoltura. Infine, si pensi ancora alla tradizione cristiana della morte e resurrezione del Figlio di Dio. Anch’essa è legata al ciclo della Pasqua, che cade all’inizio della primavera con i simboli della luce e del fuoco che sconfiggono le tenebre dell’umanità.

Resta ancora da dare la risposta all’ultima domanda iniziale: cosa c’entra il brano musicale John Barleycorn con il romanzo Ballata di morte nel Devon pubblicata da ALA nel 2020? Il riferimento alla ballata e al Devon fa sicuramente intuire qualcosa. Tuttavia, non posso aggiungere altro per due buoni motivi. 

Il primo è che il romanzo appartiene al genere giallo/thriller e non si può scoprire troppo la trama. 

Copertina del romanzo "Ballata di morte nel Devon"

Il secondo è che il romanzo l’ho scritto io!

Vincenzo Maria Sacco


Per commentare

Published inBlog

Sii il primo a commentare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *