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Annina, una coreana felice…

Recensione di Manolia Gregori

Annina una coreana felice, infelice, così e così” di Alessandro Marchiori può essere tante cose: una lettura nostalgica, una mostra tridimensionale di cose, persone e situazioni, una chiave di lettura di un quartiere particolare di una città particolare e tanto, tanto altro.
Di qui la difficoltà di una recensione anche senza pretese, anche non professionale.

Comincerò col dire che questo libretto, così ricco di immagini, reali e non, trasmette una forte emozione che non tocca solo chi si rivede in situazioni, ambienti e tempo, ma anche chi non nha mai conosciuto la realtà “coreana” in prima persona.

L’emozione per me è non solo empatia, coinvolgimento, immedesimazione, ma anche curiosità, voglia di sorridere e il piacere di affacciarsi su un mondo perduto.

L’autore, con onestà, dichiara che il suo amarcord non è idealizzato e tanto meno idealizzabile, che il mondo che descrive è tutto tranne che perfetto o giusto, ma, nello stesso tempo, ci fa capire che, con tutti i problemi, le limitazioni e qualche rozzezza, quel mondo aveva dei valori, quel mondo aveva i suoi ideali e un suo perché.

C’è una sottile vena di saggezza e di bontà, che traspare dal racconto di Annina, casalinga talvolta esasperata, talvolta stanca del ruolo che la vita e il suo sesso le hanno attribuito, che si sente ignorante e talvolta delusa, ma che non rinuncia alla speranza, che crede nella solidarietà, che sa trovare il buono dovunque sia.

Annina non è stupida. Annina capisce, ad esempio, quanto sia importante l’istruzione, rivendica il suo diritto al pensiero, alla parola libera, magari un po’ sboccata, ma senza malizia.
Annina sa apprezzare le novità (quando sono valide), come la scuola sperimentale, che accompagna i bambini del quartiere dall’asilo alle scuole medie, che è stimata a livelli molto alti, sa capire la spiritualità e il valore di un parroco di frontiera come don Nesi, ma si lascia limitare dall’aut-aut della politica di allora, molto sentita, ma davvero poco critica.
Annina pensa che “chi va al circolo o in sezione, non va in Chiesa”, se non per vedere gli affreschi di cui ha sentito parlare.
Annina è leale e schietta, buona ma anche battagliera, guai a chi tocca i suoi figli, lei gli spezzerebbe “le gambine”, senza pensarci due volte.
Annina ci piace, non c’è bisogno di somigliarle, ci piace per quello che è, per quello che fa e dice.
Annina è una categoria umana che Alessandro Marchiori ha costruito con un collage di ricordi, notizie di stampa, voci ed interviste minuziose.

Il suo stile è volutamente semplice, apparentemente povero, ma in realtà, proprio le scelte del lessico, la costruzione delle frasi, dei ragionamenti, rivelano una profondità molto forte, che l’autore non vuole ostentare. Lascia che le scopriamo noi lettori, piano piano, mentre leggiamo i capitoletti in cui il libro è diviso.

Oltre alle foto, hanno un grande valore i disegni satirici che, come una buona battuta, alleggeriscono talvolta momenti cupi o quasi disperati.

La storia di Annina è la storia dei dimenticati, di tutta quella gente che non fa la storia, ma la subisce, più o meno passivamente, è la storia secondaria, quella che finisce, al massimo, su poche righe di giornale.

Questo non è limitativo. Ogni storia è STORIA   

Manolia Gregori

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