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Di mare e di mirto, riflessioni d’autore

Di Mare e di Mirto è disponibile: è di tutti. Si, emozione. Credo che anche lo scrittore più pubblicato provi questo sentimento nell’attimo in cui vede le parole tanto cercate, scelte, amate, finalmente immutabili, prigioniere di pagine numerate, avvolte   nella carta della copertina.  E, dalla copertina, appena terminata, copio:

Il XX secolo volge al termine. La generazione nata dagli orrori della guerra pensa di aver ricostruito un mondo nuovo in cui pace, uguaglianza, diritti e relativo diffuso benessere, siano ormai conquiste inalienabili. Ma è davvero cosi?”.

Questa è la domanda che mi sono fatta molte volte in questi ultimi anni, cercando di occuparmi ancora, come sempre, fin dall’adolescenza, di memoria e di diritti. Di memoria, perché è sulla memoria che si costruisce il futuro. Di diritti perché è sulla loro conquista che ho costruito la mia vita.  Mi sono chiesta molte volte dove avevamo sbagliato, quando avevamo abbassato la guardia al punto da non accorgerci che il nostro mondo stava sprofondando in un’allegria scellerata, in una superficialità pericolosa, in un oblio che potrebbe diventare un sonno senza risveglio.  Cullata nel mio piccolo gozzo sorrentino legato a una boa in una delle più belle baie del Mediterraneo, mi abbandonavo a queste riflessioni da vecchia signora un po’ stanca, un po’ sognante, un po’ triste. E non poco privilegiata. Quel mare che mi cullava mentre ascoltavo musiche meravigliose, era lo stesso mare che stava uccidendo a migliaia i più poveri della terra. Poveri non solo di denaro, ma, soprattutto, di speranza, prospettive, sogni. Quei sogni che noi, la generazione del dopoguerra, noi avevamo   inseguito con tale rabbia, determinazione, presunzione, da credere di avercela fatta. Fino alle esplosioni del nuovo millennio. Lì abbiamo capito la pochezza dei nostri orizzonti.

L’antica rabbia mi tornava dentro. Che armi mi restavano ormai, finiti i cortei, le mozioni, il partito, la lotta? Mi restava la scrittura, perché la memoria potesse ancora costruire il futuro. Il primo libro uscito, “Latte di Fico Verde”, è stato uno sguardo e una memoria, appunto, sulla fatica della generazione nata sotto le ultime bombe.

Di Mare e di Mirto è la presa di coscienza che l’illusione era stata un profumo di papavero.  Da qui l’idea di scrivere una fiaba che parlasse di mare, di profumi avvolgenti, di ricordi e di sogni.  Ma dai sogni più belli spesso il risveglio è brutale. Questa è la fiaba del nostro risveglio.

Il contenuto è quello di tutte le fiabe, da Esopo in poi. C’è un Principe, moderno, certo, ma ricco, famoso, solo… come tutti i principi delle fiabe!  C’è un’aspirante regina: bella ambiziosa avida. C’è una maga sotto finte spoglie. C’è uno straniero misterioso. C’è un portafortuna.  Si fa l’amore su una spiaggia grigia solo perché l’aria è un impasto irresistibile di mare e di mirto. Si danza offrendo libagioni alla luna e si sogna. E gli oggetti hanno anima e lacrime.  Intorno il mare, che può essere oblio, pace, silenzio o disperazione.

Napoli, stazione della metropolitana Toledo: rappresenta il mare dagli abissi più scuri, giù nello scavo più profondo e poi sempre più chiaro, salendo, verso il cono di luce: quasi un simbolo di salvezza, di resurrezione. È una metafora eterna, perfetta: si sale, si scende, dal buio alla luce, senza fine. Anche a questa immagine ho pensato, mentre ero ferma alla boa.

Bianca Gabrielli


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