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La via poetica della montagna

Tema 4

Le foto sono dell’autrice

La targa di Pescul

Il tempo non è granché. Mi trovo a 1415 metri sul livello del mare, la temperatura sfiora i due gradi, il cielo è caliginoso e una pioggia fine fiacca le ultime giornate di vacanza in montagna, la neve sembra resistere all’umido abbraccio invernale di un febbraio anomalo.

Ho convinto mia cognata a fare una breve passeggiata da Santa Fosca a Pescul, piccola località del Cadore, nella Val Fiorentina. La strada è quasi libera, i passi fiduciosi sulla neve papposa si alternano per arrivare a una meta non prestabilita.  Ci siamo avventurate alla scoperta di un piccolo villaggio ladino che è rimasto quasi intatto nella sua tipicità, si sente odore di stalla, la legna accatastata in architetture perfette, con i piccoli spazi per l’areazione fra un legno e l’altro, diventa rifugio per passerotti infreddoliti. Gli abeti e i larici svettano coperti di neve verso il cielo nebbioso. Un gallo bianco dai rossi bargigli ci guarda sospettoso dalla piccola finestra del pollaio. Nasconderà le galline o le uova?
A me e Cristina sfugge un sorriso. Ormai non siamo più abituati a vedere animali da fattoria in mezzo ai luoghi trafficati del turismo invernale.

Il parcheggio davanti all’impianto di risalita è pieno di auto e sciatori. Ci fermiamo come spettatrici di arditi sciatori che si cimentano sulla pista che dal Rifugio Fertazza rientra a Pescul. Arditi perché la neve pesante muove il tracciato in dune alte, a prova di gambe e soprattutto legamenti!
La strada regionale 251 sale verso il passo Staulanza, fiancheggia il monolitico Pelmo, reso fantasma dall’assedio nevoso.
Mia cognata intanto è più avanti e con una certa sollecitudine mi chiama e mi indica una targa su una casa.
In questa casa nacque – visse – morì don Natale Talamini.

«Anna, fai la foto, questa è una scoperta strepitosa!  Tu conosci don Natale Talamini?»
«No, Cristina, ora lo cerco su Wikipedia», stavolta però mi devo arrendere all’ignoranza e accendere la fantasia. Non ho alcun segnale di rete. Riprendo a leggere la targa:

Nasce nel 1808 in uno sperduto paese del Veneto fra le montagne, il Don mi fa credere che sia stato un sacerdote, le parole che più mi incuriosiscono sono: martire per l’indipendenza della patria

Così l’ho immaginato, giovane poeta, fremente di grandi ideali, soffrire e combattere durante i moti per l’Indipendenza italiana dal giogo straniero.
La libertà era il sentimento ispiratore che probabilmente aveva respirato fin da bambino fra i boschi e nei panorami infiniti dei pascoli montani. Quella libertà che allena lo spirito a mete ambiziose, a sforzi indicibili per amore del prossimo, a non sottostare ad abitudini che rendono l’uomo schiavo e passivo agli inganni del potere. Un poeta romantico, spirituale e del poeta vorrei leggere un giorno i suoi versi. Vorrei non pensare a quel che siamo noi oggi e lasciare alla vacanza il peregrinaggio nella sottile speranza che ci rimane del domani.

Io e Cristina si torna verso casa. Il pomeriggio si allunga verso la sera.
Il cielo si apre, uno spiraglio di sole cade felice sulle vette rosate.
Fiancheggiamo la minuscola chiesa di Santa Fosca, delicata struttura religiosa con il campanile a forma di cipolla, costruita in un piccolo spiazzo alle cui spalle svetta il Pelmo, e davanti, lo sguardo corre verso il Monte Civetta.

Le Dolomiti sorridono al tramonto.

Anna Pagani

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