Vai al contenuto

I vaccini, vittime del loro successo


La prima immunizzazione della storia avvenne nel 1796, dopo che Edward Jenner aveva intuito che le mungitrici delle campagne del Gloucestershire colpite dal vaiolo bovino (cowpox) erano protette dalla ben più pericolosa malattia umana (smallpox). Proprio da quelle mucche nacque poi il termine vaccino.


La derivazione animale fu uno dei motivi che portarono alla nascita, già all’inizio del XIX secolo, di correnti di opposizione che oggi definiremmo no-vax. Una vignetta del 1802 mostra in maniera ironica i supposti spaventosi effetti della nuova pratica, con persone che a seguito dell’inoculo si stanno trasformando in bestie. 


Illustrazione di James Gillray, 1802

Nonostante ciò, la vaccinazione venne rapidamente adottata ovunque, come testimonia l’indelebile cicatrice che ancora oggi può mostrare chiunque sia nato prima del 1980, anno in cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità sancì l’eradicazione del vaiolo e, di conseguenza, la fine dell’immunizzazione obbligatoria. Un traguardo storico ancora ineguagliato.

L’Ottocento vide nascere la moderna microbiologia, e si comprese che le malattie trasmissibili erano provocate da invisibili germi anziché, com’era opinione corrente, da misteriosi miasmi, dalla decomposizione organica, o da influssi astrali sfavorevoli, da cui il termine influenza. Trai maggiori scienziati del periodo si possono citare Robert Koch, che scoprì il bacillo responsabile della tubercolosi che porta il suo nome, e Louis Pasteur. A quest’ultimo si deve il vaccino contro la rabbia, allora chiamata idrofobia, infezione inevitabilmente letale trasmessa col morso degli animali ammalati, soprattutto i cani randagi.

Doveroso poi non dimenticare Ignac Semmelweis, la cui intuizione sull’origine della febbre puerperale che decimava le partorienti negli ospedali di Vienna e sulle semplici modalità di prevenzione basate sul lavaggio delle mani venne snobbata dall’intera comunità scientifica. Il medico ungherese morì nel 1865 nella più completa indigenza, ma le regole igieniche che aveva tentato di introdurre sono ancora oggi la base per la lotta alle infezioni nosocomiali.


Ignac Semmelweis 

La prima metà del Novecento ci portò altri due importantissimi vaccini, in grado di prevenire la difterite e il tetano. Quest’ultima patologia era stata causa di un numero imprecisato ma certamente non esiguo di morti nelle trincee della Grande guerra.

Nel secondo dopoguerra, nonostante le migliorate condizioni igieniche e la scoperta degli antibiotici ne avessero notevolmente ridotto la mortalità, le malattie infettive rappresentavano ancora un importante problema sanitario. La poliomielite continuava a mietere vittime e a provocare menomazioni, da limitazioni motorie più o meno gravi fino alla paralisi respiratoria, che costringeva a vivere attaccati a respiratori automatici, i cosiddetti polmoni d’acciaio. Furono Jonas Salk e Albert Sabin a introdurre due diversi vaccini che nell’arco di pochi decenni consentirono di eliminare la malattia da quasi tutto il pianeta.  In aggiunta, Sabin rinunciò al brevetto, affermando di volerne fare dono all’intera umanità.


Albert Sabin

Attualmente disponiamo di un’ampia gamma di vaccini di provata sicurezza ed efficacia, capaci persino di prevenire alcuni tumori, come quelli causati dal virus dell’epatite B e dai papilloma virus. E non è un caso che le tre infezioni che da sole mietono oltre un milione di vittime ogni anno siano proprio la tubercolosi, l’Aids e la malaria, nei cui confronti non disponiamo ancora di vaccini efficaci.

Eppure, mai come adesso verso questo formidabile strumento di prevenzione aleggiano dubbi che il web amplifica a dismisura, scatenando infinite discussioni e persino contrapposizioni politiche. Le motivazioni sono complesse, compresa una progressiva sfiducia nella scienza che caratterizza la nostra epoca, ma si possono comunque evidenziare due ragioni prevalenti.

I primis, si tratta degli unici farmaci rivolti a persone sane, e se quando una persona sta male, anche per un banale raffreddore, quasi mai esita a curarsi senza soffermarsi troppo delle avvertenze del bugiardino, allorché si tratta di aderire a un trattamento profilattico possono insorgere comprensibili perplessità che spesso trovano, specialmente sui social, risposte del tutto aliene alle evidenze scientifiche. Inoltre, si è persa la cognizione della reale gravità di certe malattie che oggi non si vedono quasi più, ignorando che ciò è dovuto in gran parte proprio ai vaccini, che si ritrovano a essere vittime del loro stesso successo. Lo abbiamo visto anche col Covid, quando dapprima la paura del contagio creava lunghe code fuori dagli Hub vaccinali, mentre solo un anno dopo, passata la paura, alcuni medici si sono visti paragonare ad assassini.


La pandemia ha altresì dimostrato che fanno notizia i ricoveri, i morti, a volte anche le nuove terapie, mentre non si parla quasi mai di tutta la gente che non si ammala grazie all’adozione delle norme igieniche, alle quarantene, alle vaccinazioni. È il paradosso della prevenzione: quando funziona non se ne accorge nessuno.

In copertina: Edward Jenner esegue la prima vaccinazione nel 1796 al bambino James Phipps, di otto anni.
Le immagini sono tutte di pubblico dominio

Paolo Filidei


Pubblicato inBlogPronti, attenti, blog! 2025

Un commento

  1. Cristina Quartarone Cristina Quartarone

    Caro Paolo,il tuo articolo è chiaro ,informato e condivisibile,anche se è vero che i vaccini,come tutti i medicinali ed i rimedi, hanno inevitabilmente degli effetti collaterali che,in alcuni casi, fanno male alla salute.Vaccinarsi può essere rischioso per ognuno di noi,ma,in caso di epidemia,come è stato per il Covid, bisogna ragionare sui grandi numeri,quindi ,soprattutto se non siamo soggetti particolarmente allergici,bisogna vaccinarsi perché il virus perda forza e non si diffonda.Vaccinarsi diventa un dovere civico,per salvaguardare i nostri cari e tutta la società in cui viviamo.Naturalmente prima consultiam il nostro medico,se proprio lui ce lo sconsiglia,evitiamo.
    Cerchiamo di vaccinarsi quando stiamo bene di salute,per es.conosco bene una persona che quando si è vaccinata aveva qualche linea di febbre e dieci.minuti dopo ,l’ho vista con i miei occhi,ha cominciato a stare male e.dopo mesi di visite le è stata diagnosticata una fibromialgia.Forse le sarebbe venuta lo stesso,il vaccino ha solo accelerato il procedere della malattia,non so,non sono un medico ed anche i medici procedono per ipotesi in questo come in tanti altri casi. Ma sui grandi numeri i vaccini restano il solo strumento che abbiamo per contrastare le epidemie.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *