Sto guidando piano, le mani salde sul volante, mentre il rumore del motore si mescola ai ricordi che riaffiorano alla mente. Sono all’Isola d’Elba e la strada che sto percorrendo parta dalla provinciale tra Portoferraio e Porto Azzurro e conduce a Rio Marina, passando da Bagnaia, il Volterraio e Rio nell’Elba.
L’asfalto scorre sotto le ruote come un nastro lucido, ma i miei occhi vedono altro: quella stessa strada com’era tanti anni fa: terra battuta, polverosa e irregolare, disseminata di buche che si riempivano d’acqua dopo la pioggia. Ai lati, dove oggi si allungano giardini curati e ville moderne, un tempo si estendevano campi coltivati con la fatica delle braccia, filari di viti contorte dal vento e ulivi dai tronchi rugosi, testimoni di un passato rurale. Le case dei contadini, basse e solide come il carattere di chi le abitava, si affacciavano su orti profumati di basilico e rosmarino. Ora sono scomparse, inghiottite da una modernità che ha cancellato i ritmi antichi della terra.
Supero il piccolo agglomerato di Schiopparello e giungo a un punto che conosco benissimo. Qui, in cima a un poggio adornato da pini marittimi, sorgeva la scuola elementare di Saponiera. Rallento, scruto tra i rami. Il tempo l’ha nascosta, forse resa un rudere, un’ombra tra le fronde.
Negli anni ’60, quella scuola era un faro nella campagna. Ogni mattina, il suono della campanella si fondeva con il cinguettio degli uccelli. Due aule, due maestre, una di loro era mia madre, accoglievano i bambini con un sorriso e trasmettevano conoscenza senza ausili elettronici, solo con la forza della voce e la passione per l’insegnamento.
Fermo l’auto e mi accosto al margine della strada: avrei voglia di salire a piedi lungo il viottolo che conduce all’edificio scolastico, ma mi limito ad abbassare il vetro del finestrino, ascoltare il frinire delle cicale e odorare il profumo dei pini. Un automobilista impaziente suona il clacson, mi sorpassa e mi manda a quel paese con un movimento del braccio. Rinuncio a uscire e riprendo il percorso.
Alla deviazione per Magazzini, svolto a sinistra e percorro le poche decine di metri che portano all’arenile dove un tempo si trovava la Pensione Taddei. Lì pochi villeggianti cercavano il contatto diretto con il mare e i suoi molteplici profumi.
Il luogo è irriconoscibile. Ci sono piscine azzurre e motoscafi di ogni dimensione ormeggiati vicino alla riva, ombrelloni allineati come sentinelle. Il fascino autentico si è dissolto. Niente più barche di legno adagiate sulla riva, niente più mucchi di posidonia testimoni delle mareggiate invernali. Niente più schiamazzi di bambini scalzi che correvano tra gli scogli del moletto con le ginocchia sbucciate. Solo turisti vestiti alla moda, decine di auto parcheggiate ovunque e tanto rumore, clacson, urla.
Parcheggio in un angolo, con le quattro frecce lampeggianti perché ritengo di essere in divieto di sosta e scendo. Il profumo della salsedine è imbrattato da ogni tipo di odore. Cibo, lozioni abbronzanti e soprattutto fumo di scarico. Mi guardo intorno come uno straniero arrivato per caso in un luogo sconosciuto.
Un cartello scolorito cattura il mio sguardo. È un annuncio di vendita: La vecchia scuola di Saponiera: due grandi stanze, due ripostigli, un corridoio, tre bagni, acqua corrente, luce, una pineta di trecento metri quadrati a disposizione esclusiva. Vendesi. Segue un numero telefonico.
Un brivido mi attraversa. Uno scherzo del destino? Un’idea folle si insinua tra i miei pensieri: riportare in vita la vecchia scuola, trasformarla in un rifugio per chi cerca la magia del passato. Immagino scaffali ricolmi di libri che parlano di un’Elba che non c’è più, fotografie e poster appesi alle pareti con i paesaggi incantati della mia infanzia, angoli dedicati alle tradizioni locali, scaffali di ematite iridescente, di pirite e tante conchiglie, altoparlanti che diffondono musica a basso volume e una vecchia, ormai dimenticata canzone: Vivo di te, Elba terra del sogno dai tramonti di fuoco e i vesperi d’or…
Come un automa, trascrivo il numero nei contatti sul cellulare. Digito un nome: “La vecchia scuola”.
Sorrido.
In copertina, la scuola di Saponiera come appariva già nel 2012 (foto dell’autore).
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Paolo, i ricordi sconfiggono l’incuria