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20 ottobre 2018, un giorno a caso

L’agenzia Moody’s taglia il rating
da BAA2 a BAA3 e lo spread 
a 315 rovina i rendimenti
Btp a 3,47 con picchi a 3,80
senza outlook, senza prospettive
Bund e bang, click e clock,
il tempo dell’economia è rallentato
per chi non ha mai contato
si ripetono gli scenari all’orizzonte
servirebbero confronti per cambiare
se si avesse idea di cosa fare.
Facebook, Twitter, Istagram e lo smog,
algoritmi dai significati inutili
che ti condizionano nei pensieri utili,
mentre la Brexit fa tremare il frigo inglese
ma pure il mio trema, mica male!
Alla televisione parlano del genoma 
di cambiamento sempre a rilento,
mentre mi vedo una figura sola
che cammina contro vento.
Bing, bund, spread, splash!
Sembra di leggere Palazzeschi*
del “Lasciatemi divertire”
se non fossimo in mezzo ai pazzi
che ci vogliono veder morire.
Belle le rime fanno poesia,
musica dolce di tempi andati,
dove la lingua era lunga dei poeti
oggi la task force della tecnologia
la poesia ha portato via.
Restano povere rime scrostate
di pensieri ribelli poco indicizzati
ci rimane difficile trovare linguaggi
in giro sono solo parole e numeri,
di cui non capiamo un cazzo.

21/10/2018

Eccomi nuovamente a parlare su questi miei versi, sicuramente comprensibili oggigiorno, abituati come siamo a questo linguaggio tecno-economico: ma cosa ci capiamo realmente di tutto questo blaterare? 

La poesia segue i suoi tempi e non può che usare i termini in circolazione. L’attacco di questa lirica è composto di parole prese dal quotidiano La Repubblica del 20 ottobre e sono parole e numeri incomprensibili, eppure arricchiti semanticamente da una paura, la stessa già provata, un film già visto il cui orrore è chiaro solo se si entra in un Pronto Soccorso o se si elemosinano servizi alla persona. Salute, Sociale, Cultura, Memoria, Diritti tutti termini desueti nel linguaggio comune, o meglio sono sbandierati, gridati, esaltati e vituperati ma solo per essere usati e gettati in un angolo e dimenticati.

Siamo consumatori compulsivi anche quando pensiamo di non esserlo. Siamo pesci nella rete e non possiamo rimanerne fuori, altrimenti gli algoritmi ci annientano, riducendoci al silenzio virtuale. Il silenzio produce solitudine.

La comunicazione tecno-economica nei versi ricorda i futuristi dei primi del Novecento, dove il linguaggio umanista era ancora egemone e con loro la Poesia, la Parola. Oggi la fanno da padrone i numeri, le parole barattate dall’inglese e italianizzate nella pronuncia fonetica, che spesso risulta brutta e sgraziata. 

L’oasi di pace, ristoro triste dal ritmo dolce della Poesia, che si associa a tramonti sfolgoranti e notti di luna galleggiante, amori impossibili, è l’agognato sogno ormai irraggiungibile, appannaggio di ricordi di gioventù e infanzia. 

Sono i numeri, le parole incomprensibili che ci rodono il pensiero e l’anima da dentro, un veleno sottile e potente che ci sta annientando e al quale dobbiamo provare a opporci con tutte le nostre forze.

*Palazzeschi Aldo (1885/1974), ho citato il titolo di una delle sue più famose poesie Lasciatemi Divertire

Le immagini sono state create dai graphic designers di a.l.a.

Silvia Leuzzi


Published inBlog

Un commento

  1. Vincenzo SAcco Vincenzo SAcco

    20 ottobre 2018. Una data a caso? Credo di no. Quei giorni e quelli a seguire per poco più di un anno sono quelli marcati “prima della pandemia”. A quelli “dopo la pandemia”, invece, appartengono altri numeri, più tristi, e altri lessici nati sul momento.
    E ora che siamo “dopo” cos’è successo?. Siamo tornati al lessico di “prima”, con tutti i numeri, i neologismi, gli anglicismi di una società miope e chiusa in se stessa.
    Brava l’autrice a cogliere tutta l’assurdità del nostro mondo

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